IL VANGELO DEL GIORNO

Comunità Pastorale Maria SS Regina dei Martiri. Lomaniga, Maresso, Missaglia Arcidiocesi di Milano

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Rut 1,15-2,3; Sal 51; Est 3,8-13; 4,17i-17z; Lc 1,19-25

MARTEDÌ 18 DICEMBRE

Il Libro della Sapienza chiama stolti coloro che non sanno cantare Dio nelle sue opere perché la luce della verità si è spenta nel loro cuore. Quanti poi cadono nell’idolatria e nell’immoralità perdono la verità anche delle realtà più essenziali della vita umana. Si passa dal silenzio su Dio al canto della malvagità, dell’immoralità, di ogni nefandezza e abominio. Chi vuole narrare la grandezza del Dio Creatore mai deve passare nell’ingiustizia. È questa che uccide la sapienza nel cuore e ogni germe di verità.

Davvero vani per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio, e dai beni visibili non furono capaci di riconoscere colui che è, né, esaminandone le opere, riconobbero l’artefice. Ma o il fuoco o il vento o l’aria veloce, la volta stellata o l’acqua impetuosa o le luci del cielo essi considerarono come dèi, reggitori del mondo. Se, affascinati dalla loro bellezza, li hanno presi per dèi, pensino quanto è superiore il loro sovrano, perché li ha creati colui che è principio e autore della bellezza. Se sono colpiti da stupore per la loro potenza ed energia, pensino da ciò quanto è più potente colui che li ha formati. Difatti dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro autore. Tuttavia per costoro leggero è il rimprovero, perché essi facilmente s’ingannano cercando Dio e volendolo trovare. Vivendo in mezzo alle sue opere, ricercano con cura e si lasciano prendere dall’apparenza perché le cose viste sono belle. Neppure costoro però sono scusabili, perché, se sono riusciti a conoscere tanto da poter esplorare il mondo, come mai non ne hanno trovato più facilmente il sovrano? (Sap 13,1-9).

Inoltre non fu loro sufficiente errare nella conoscenza di Dio, ma, vivendo nella grande guerra dell’ignoranza, a mali tanto grandi danno il nome di pace. Celebrando riti di iniziazione infanticidi o misteri occulti o banchetti orgiastici secondo strane usanze, non conservano puri né la vita né il matrimonio, ma uno uccide l’altro a tradimento o l’affligge con l’adulterio. Tutto vi è mescolato: sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro, sconcerto dei buoni, dimenticanza dei favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini nei matrimoni, adulterio e impudicizia. L’adorazione di idoli innominabili è principio, causa e culmine di ogni male. Infatti coloro che sono idolatri vanno fuori di sé nelle orge o profetizzano cose false o vivono da iniqui o spergiurano con facilità. Ponendo fiducia in idoli inanimati, non si aspettano un castigo per aver giurato il falso (Sap 14,22-29).

Dalla stoltezza non si canta Dio. Dall’idolatria e dall’immoralità di cantano le opera del male come purissimo bene e il peccato diviene la santità dell’uomo. Oggi noi abbiamo perso la fede in Cristo Gesù. Non possiamo più cantare le opere stupende da Lui compiute. Non possiamo più annunziare la sua morte, non possiamo proclamare la sua risurrezione come il canto del nostro cuore e la sinfonia della nostra anima. Cristo sta divenendo una sterile formula liturgica. Chiuso il libro, finisce ogni canto su di Lui. Chiuso il Vangelo, nessuna Parola di verità sul suo mistero di Redentore e Salvatore. Il mutismo universale su Cristo Signore, al di fuori delle formule liturgiche, dei libri e non del cuore, attesta la perdita della nostra fede. Ma se il cristiano tace, è muto, dona tutto lo spazio al peccato perché possa cantare, elogiare, osannare le sue nefandezze. Ecco allora i cantori dell’aborto, del divorzio, dell’eutanasia, di un corpo senza alcuna regola morale, di un mondo nel quale non c’è posto per Cristo Signore.

L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato mandato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo». Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto. Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna fra gli uomini».

Zaccaria è un monito per tutti noi. O riprendiamo la retta e purissima fede in Cristo Gesù, o il nostro posto sulla terra è di giustificazione di ogni canto alla perversione, all’immoralità, all’idolatria, alla devastazione della natura umana.

Madre di Dio, Angeli, Santi, rimettete la vera fede nel cuore. Potremo parlare di Gesù. 

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