Comunità Pastorale

Catechesi parrocchiale sul Vangelo di

Domenica  22  ottobre I dopo la Dedicazione

 

LA PAROLA Luca 24,44-49a.

 

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: 44«Sono queste le parole che io vi dissi  quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». 45Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture 46e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, 47e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso».

  

L’IMMAGINE

 La Pentecoste Nel 1596, El Greco si impegnò a realizzare la pala d'altare della Chiesa della scuola di Dona Maria de Aragon, un seminario di ordine Agostiniano. Il nome popolare si riferisce a Dona Maria de Aragón, la mecenate, che commissionò - cioè pago per - i lavori. El Greco fu incaricato dal Consiglio di Castiglia. Esistono documenti, che testimoniano come l'opera fu realizzata in tre anni. Il lavoro fu valutato a poco più di sessantatremila Reais, il prezzo più alto per una delle sue creazioni 

Quest'opera è composta dalla parte superiore della pala d'altare. Come in molte altre sue realizzazioni, El Greco organizza la composizione sulla base di un triangolo invertito. La scena ruota intorno alla Vergine Maria, Maria Maddalena e gli Apostoli. Sullo sfondo c'è la colomba dello Spirito Santo, irradiante una luce, che illumina l'intero palcoscenico ed i costumi dei personaggi.

La scena, incentrata su un passaggio degli Atti degli Apostoli, mostra figure allungate, che si allontanano dal tradizionale stereotipo della bellezza classica. Non si riscontra il senso della prospettiva, mentre i toni forti di certe sezioni costituiscono eredità diretta del Tintoretto e di Michelangelo.

  

LA TRADIZIONE

Il mandato d’evangelizzare tutti gli uomini costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della società attuale non rendono meno urgenti. Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella santa Messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione.

(Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 14)

LA VITA SPIRITUALE

 

 

Messaggio giornata missionaria 2023

sintesi del messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2023:

  • I discepoli di Emmaus erano tristi e delusi dopo la morte di Gesù, ma l'incontro con Lui nella Parola e nel Pane spezzato accese in loro l'entusiasmo per rimettersi in cammino verso Gerusalemme e annunciare che il Signore era veramente risorto.
  • Il Signore risorto è vicino ai suoi discepoli missionari e cammina accanto a loro, specialmente quando si sentono smarriti, scoraggiati, impauriti di fronte al mistero dell'iniquità che li circonda e li vuole soffocare.
  • Il Signore risorto è la Parola vivente, che sola può far ardere, illuminare e trasformare il cuore.
  • Gesù nell'Eucaristia è culmine e fonte della missione.
  • I discepoli di Emmaus, dopo aver aperto gli occhi, riconoscendo Gesù nello «spezzare il pane», «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme» per condividere con gli altri la gioia dell'incontro con il Signore.
  • La conversione missionaria è l'obiettivo principale che dobbiamo proporci come singoli e come comunità, perché «l'azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa».
  • A questo movimento missionario tutti possono contribuire: con la preghiera e l'azione, con offerte di denaro e di sofferenze, con la propria testimonianza. Le Pontificie Opere Missionarie sono lo strumento privilegiato per far circolare la Parola di Dio e i beni materiali necessari per la vita e la missione dei cristiani in tutto il mondo.

Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2023 è un invito a tutti i cristiani a riscoprire la gioia della missione e a mettersi in cammino per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo a tutti i popoli.

 

 

QUALCHE POSSIBILE DOMANDA 

 

  • Da cosa nasce la necessità di portare il vangelo a tutti gli uomini? Quali sono le motivazioni di fede più profonde?
  • Cosa significa e cosa comporta, nella situazione attuale del nostro paese e del mondo, la convinzione che tutta la Chiesa per natura sua è missionaria e che ogni cristiano è missionario?
  • Quali segni concreti di missionarietà esistono nella nostra comunità ecclesiale?
  • In quali modi concreti un cristiano può vivere oggi il suo compito missionario nel proprio ambiente e nel mondo?

 

Iscrizioni Iniziazione Cristiana 2023-2024

ISTRUZIONI PER COMPILARE IL MODULO DI ISCRIZIONEIniziazione Cristiana

Per chi ha già Sansone

  • Non ricordi le credenziali (nome e psw)?
    • Manda una email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. specificando Nome e Cognome di chi frequenterà catechismo
    • Segui le istruzioni al punto seguente
  • Hai già le credenziali?
    • Entra nel profilo
    • Nella colonna a sx clicca su “persone”
    • Clicca sulla matitina accanto al nome
    • Nella schermata a dx compare l’icona “Moduli”, clicca sopra
    • Si apre la schermata coi dati: modificare, aggiungere, dove necessario (ATTENZIONE alle dichiarazioni sulla Privacy)
    • Scegliere, al termine della pagina, come modulo: ISCRIZIONE CATECHISMO
    • Poi cliccare su “genera modulo”, scaricare il PDF, stamparlo e consegnarlo firmato alle catechiste al primo incontro con il contributo di 20 €

 

Per chi            NON ha Sansone

  • Andare su http://bit.ly/ModuliOratorio 
  • Compilare i dati
  • Scegliere, al termine della pagina, come modulo: ISCRIZIONE CATECHISMO
  • Poi cliccare su “genera modulo”, scaricare il PDF, stamparlo e consegnarlo firmato alle catechiste al primo incontro con il contributo di 20 €

Vi invito al momento dell'iscrizione a versare un contributo di euro 20 per l'acquisto del sussidio proprio della Chiesa Ambrosiana con il desiderio è che diventi un “quaderno dell’anima” e per contribuire alle molte spese di gestione degli ambienti dell'Oratorio. Chi vuole può lasciare un'offerta più generosa, questo non è certamente l'unico o il più importante modo per dire apprezzamento per quanto si vive in Oratorio ma è sicuramente un prezioso aiuto. Procureremo noi i testi e poi li faremo avere ai bambini. Poi, per le attività nei singoli gruppi è bene seguire le indicazioni delle catechiste. 

 

Vi invito infine a tenere presente la pubblicazione del “Notiziario Settimanale” della nostra Comunità Pastorale, strumento di comunicazione sulle attività delle nostre parrocchie e dei nostri Oratori, insieme ai profili Facebook e Instagram dei nostri Oratori per rimanere aggiornati. Stiamo aggiornando anche il sito della nostra CP www.chiesadimissaglia.it perchè diventi sempre più uno strumento utile a molti.

Vi invito poi a prendere in considerazione la possibilità di offrire del tempo per piccoli servizi in Oratorio: le pulizie degli ambienti; la cura del bar; l’associarsi alle Mamme e ai Papà che in alcune occasioni si trovano per preparare qualche evento speciale. Chi volesse avere ulteriori informazioni non esiti a contattarmi.

don Andrea

 

 

Schema percorso iniziazione cristiana

Gli incontri genitori e bambini insieme dopo o prima della Messa domenicale eventualmente alternando a Missaglia dopo la Messa delle 10.00, a Maresso dopo la Messa delle 10.30, a Lomaniga dopo la Messa del sabato alle 17.00, a Missaglia prima della Messa della domenica alle 18.00 o prima della Messa del sabato alle 18.00)

II elementare

  • Domenica 22 Ottobre, S. Messa delle 10.30 a Maresso,

a seguire: consegna delle prime tre tappe (Io sono, Vieni anche tu, In principio) pp. 4-11 del testo “con Te figli”

  • Domenica 19 Novembre, S. Messa delle 10.00 a Missaglia;

consegna tappa 5 e 6 (La giornata di Gesù e Niente paura) pp 26-39 del testo

  • Sabato 2 Dicembre, S. Messa delle 17.00 a Lomaniga:

consegna della tappa 4 Gesù, il grande dono di Dio e preparazione al Natale pp 18-25 del testo

  • Domenica 25 Febbraio: S. Messa delle 18.30 a Missaglia:

consegna della tappa 7 Commossi davanti a Gesù e presentazione delle celebrazioni pasquali (pp. 40-55 del testo)

  • Sabato 20 Aprile S. Messa delle 18.00 a Maresso:

consegna della tappa 8: Felici con Gesù risorto (pp. 56-67 del testo)

  • Domenica 5 Maggio: S. Messa delle 10.00 a Missaglia

consegna del Vangelo e presentazione della tappa 9 Ci sto (pp. 68-70 del testo)

III elementare

  • Sabato 7 ottobre, S. Messa delle 18.30 a Missaglia:

Pietro incontra Gesù (l’incontro con Gesù che chiama Pietro, il cieco di Gerico, Zaccheo) testo tappa 1, pp. 3-15

  • 3 dicembre S. Messa delle 10.30 a Maresso: Maria e l’Annuncio dell’Angelo (Maria modello di come si può seguire Gesù) Avvento-Natale tappa 2 pp 14-31
  • 18 febbraio, inizio Quaresima, S. Messa delle 11.00 a Lomaniga:

Prega con me (vita personale e preghiera, famiglia e preghiera, famiglia in preghiera) testo tappa 3, pp. 32-45 le tappe 4 e 5 (Quaresima e Pasqua con le catechiste)

  • Sabato 4 maggio S. Messa delle 18.00 a Maresso:

Gesto conclusivo: consegna del Padre nostro

IV elementare

  • 28 ottobre, ore 18.00 a Maresso:

Dal Battesimo alla Messa tappa 1 del testo pp. 3-11

  • 14 Gennaio, ore 10.00 a Missaglia
  1. Messa e Il Sacramento del Perdono tappa 2 del testo pp. 12-29
  • ? Aprile

Ritiro in preparazione alla Prima Comunione tappa 3-5 del testo pp. 30-79

  • 26 maggio ore 10.00

Prima Comunione a Missaglia

  • 2 giugno ore 10.30

Prima Comunione a Maresso

V elementare

  • 29 Ottobre, ore 00 S. Messa a Lomaniga:

La vite i tralci. Consegna alle famiglie del percorso di scoperta della orale cristiana come una “morale dell’intenzione tappe 1-3 del testo

  • 4 febbraio, ore 10.30 a Maresso:
  1. Messa e riflessione su “i Sacramenti e la Chiesa” tappe 4-5 del testo
  • ? Aprile:

il Sacramento della Cresima (all’interno di un ritiro?) tappa 6 del testo

  • 28 aprile, ore 10.00 a Missaglia: consegna della Legge
  • Confermazione Domenica di Pentecoste (19 maggio) 10.00 a Missaglia, alle 15.00 a Maresso

Don Claudio Magnoli

Maresso, 6 settembre 2023

Premessa

 

Il tema che mi è stato affidato ha due fuochi tematici (la croce / il Crocifisso) e un ambito di esplorazione (la liturgia ambrosiana).

 

-           I due fuochi tematici sono così strettamente congiunti che potrebbero anche essere unificati. Ritengo però che la distinzione, pur nella convergenza fortemente unitaria, aiuterà una riflessione più articolata e completa: la croce è lo strumento materiale della morte di Gesù, che nella tradizione cristiana diventa simbolo universale di redenzione e perciò viene “esaltata”, venerata e adorata; il Crocifisso è il soggetto umano - divino, Gesù Cristo, che per noi ha patito e dato la vita e che il Padre celeste ha risuscitato dalla morte e ha assiso nella gloria alla sua destra, primogenito di molti fratelli.

Ovviamente, non si può parlare del Crocifisso senza far riferimento alla Croce (mi fa sorridere vedere il Cristo appeso alle pareti senza la Croce), come del resto non avrebbe senso parlare della Croce senza fare riferimento a Colui che sulla croce è stato immolato come l’Agnello pasquale e dalla Croce ha attirato tutti a sé (Cfr. Gv 12, 32).

 

-           Per liturgia ambrosiana intendiamo l’insieme di “riti e preghiere” che costituiscono il modo concreto di celebrare la fede in gran parte della diocesi di Milano e, al di fuori di essa, in alcune parrocchie delle diocesi di Bergamo, Lugano e Novara. “Ambrosiana” fa riferimento originariamente al santo vescovo di Milano Ambrogio (374-397 d. C), ma copre uno sviluppo ininterrotto di quindici secoli fino ad oggi.

In concreto esploreremo la liturgia ambrosiana come è depositata nei libri liturgici che sono scaturiti dalla riforma del Concilio Vaticano II (Sacrosanctum Concilium, 4 dicembre 1963): il Lezionario del 2008; il Messale del 1990, ora in fase di revisione; la Liturgia delle Ore del 1983-84 e il Rito delle esequie del 1978.

Il Crocifisso di Maresso è un segno di fede per tutti, al di là delle diversità rituali. Ciò non toglie che, dal momento che è custodito, invocato, venerato e adorato dentro una comunità di rito ambrosiano, in qualche modo ne ha assunto anche alcuni dei tratti caratteristici.

Dividerò la mia trattazione in due parti: I. La santa Croce, albero della vita; II. Il Crocifisso, dall’abisso del dolore al vertice della gloria. Una terza parte, dal titolo La Chiesa, discepola del Crocifisso risorto, sarà solo accennata perché il tempo non consentirà una trattazione diffusa

 

 

  1. La Santa Croce, albero della vita

 

Nel cuore dell’anno liturgico sta il Sacro Triduo Pasquale, che dovremmo imparare a vivere in modo unitario dal Giovedì santo alla domenica di Pasqua, accorrendo in chiesa per partecipare a tutta la sequenza delle celebrazioni che lo compongono.

La Santa Croce è evocata in ogni celebrazione, ma nella liturgia del Venerdì Santo acquista un rilievo singolare. Dopo la lettura del Passio, e prima delle preghiere di intercessione, c’è infatti il rito dell’adorazione del legno della Croce.

Per tre volte il legno della Croce viene presentato alla venerazione dei fedeli con queste parole: «Ecco il legno della Croce, al quale fu sospeso, Colui che è la salvezza del mondo». E l’assemblea, in ginocchio, risponde: «Venite, adoriamo». Quindi si recitano o si cantano alcune tra le più belle antifone della tradizione ambrosiana: «O Signore, adoriamo la tua croce e cantiamo gloria alla tua risurrezione»; «Adoriamo la tua croce, o Signore; adoriamo il mistero della tua croce e la salvezza che viene da te crocifisso»; «Noi, ti lodiamo, o Cristo, e ti benediciamo perché con la tua croce hai redento il mondo» (quest’ultima entrata anche nella Via Crucis). Come si può vedere, il passaggio dalla Santa Croce al Crocifisso è continuo e immediato, ma resta in primo piano il legno della Croce, immagine simbolo di Colui che, immolandosi sulla Croce, dalla Croce ci ha portato salvezza.

Va notato inoltre un fatto straordinario. La liturgia, che usa il termine “adorazione” solo per le tre Persone della Santissima Trinità e per le specie eucaristiche, presenza reale di Gesù Cristo e del suo Sacrificio redentivo, qui lo impiega anche per il legno della Croce. E lo fa per la sua singolare capacità di evocare la presenza salvifica di Cristo. Chi si inginocchia davanti alla Croce si inginocchia davanti a Cristo stesso. Chi abbraccia e bacia la Croce, abbraccia e bacia Cristo. E questo anche se la Croce è solo un nudo legno, senza che su di essa venga applicata la statua di legno, di gesso o di altro materiale del Cristo morto. In molti casi la Croce racchiude in sé la reliquia della vera Croce, ma anche questo fatto, pur molto importante per la devozione dei fedeli, non è strettamente necessario. Il legno della Croce è sufficiente a suscitare la nostra adorazione perché è il segno memoriale di Colui che per suo tramite ha redento il mondo.

Ne dà una conferma poetica l’inno Vexilla Regis, composto da Venanzio Fortunato alla fine del sec. VI e cantato all’inizio della liturgia del Venerdì Santo e nell’ufficiatura della festa dell’Esaltazione della Santa Croce il 14 settembre. Questa straordinario testo poetico è una profonda meditazione del mistero della Croce, che sfocia – sono le ultime due strofe – in una duplice adorazione: O Croce adorabile, speranza nostra unica; o Trinità noi ti adoriamo. La Croce è adorabile, come lo è la santissima Trinità, per molteplici ragioni, ricordate nel testo dell’inno: a) Perché è l’albero eletto da Dio Padre a reggere le membra santissime del Figlio suo, dal quale è sgorgata per noi la vita; b) Perché è la splendida e mistica bilancia che ha pesato il nostro peccato affidandolo alla misericordia di Dio; c) Perché è l’altare, fulgido di sofferenza e di gloria, dove si è immolata la vittima che ha voluto redimere il mondo e dal quale, colui che per amore ha offerto la vita, a tutti ha donato la vita; d) Perché è il legno del patibolo, dal quale il Signore dei secoli regna incontrastato.

Il mistero adorabile della Croce da cui venne la vita è decisamente al centro della festa dell’Esaltazione della santa Croce (14 settembre). L’antifona d’ingresso canta: «O croce gloriosa di Cristo, tu rendi vane le seduzioni del Maligno e spezzi le catene dei peccati! Esultino tutti i popoli: il nostro Re ha sconfitto l’inferno». La prima orazione chiede a Dio Padre, che ci ha redento con il sangue prezioso del suo Figlio, di liberarci dalle catene dei peccati «poiché adoriamo la Croce, da cui venne la vita». Notiamo che la Croce è spesso associata al sangue prezioso di Cristo; notiamo ancora come l’adorazione della Croce è intimamente congiunta con la liberazione dal peccato.

Nel canto dopo il vangelo si canta: «O Croce benedetta, che sola fosti degna di portare il Re dei cieli e il Signore del mondo». Ci si rivolge alla Croce con la familiarità con la quale ci si rivolge a una persona amica e la si esalta perché è stato il trono da cui Cristo regna ed esercita la sua signoria sul mondo.

Nell’orazione sui doni la Croce è definita «albero insanguinato», messo in parallelo con «l’albero dell’antico giardino». E si sottolinea che la fede nell’albero insanguinato della Croce è chiave che apre «la porta della vita eterna», porta che era stata chiusa per noi «dalla colpa orgogliosa commessa da Adamo presso l’albero dell’antico giardino». Si riprendono qui le riflessioni di Paolo su Cristo, nuovo Adamo, che riscatta il peccato del primo Adamo, applicandole più specificamente alla morte di Croce.

Gemma ambrosiana è il prefazio di questa festa. Evocando l’inno di Fortunato Venanzio, la Croce è presentata come «il glorioso vessillo di Cristo che, distruggendo la colpa commessa all’origine sotto l’albero del divieto, ci ha ottenuto il perdono dei peccati». Quindi, facendo riferimento – come è tipico della tradizione ambrosiana – alle prefigurazioni dell’Antico  Testamento (il passaggio del Mar Rosso), il prefazio aggiunge: «Figura di questo santo legno è la verga di Mosè che, dividendo le acque, aperse nel mare la via della salvezza e vi sommerse il persecutore» (cfr. Es 14, 21-29). Infine, la dichiarazione fondamentale: «Sulla Croce il Redentore si sottopose all’obbrobrio (disonore, infamia) e, strappandoci dall’antico avversario, rovesciò il regno della morte e spalancò le porte della vita eterna».

            Il formulario eucaristico del 14 settembre può essere utilizzato anche per celebrare la messa votiva del mistero della Santa Croce. Per questa messa votiva il Messale ambrosiano prevede altri due formulari, che ricalcano i temi e le immagini del formulario del 14 settembre con ulteriori sviluppi.

I temi ricorrenti sono: 1) La Croce come «simbolo di salvezza» (a conclusione della liturgia della parola1), sorgente di salvezza  e di vita (prefazio1); 2) la Croce come altare del sacrificio che «ha riscattato il mondo dalla colpa» (sui doni1).

L’immagine è quella dell’albero insanguinato che riscatta la seduzione del demonio avvenuta «sotto l’albero della prima colpa» (prefazio 1): «L’albero dell’antico divieto ci aveva portato alla morte; l’albero dell’obbedienza vince la morte e dischiude la strada alla gioia della risurrezione e alla patria che ci hai promesso» (prefazio2).

Gli sviluppi ulteriori sono soprattutto tre, e riguardano le conseguenze dell’adorazione della Croce sulla vita dei fedeli: 1) l’emblema della croce (il vessillo della Croce), che è «segno della vittoria di Dio», è anche protezione e vanto (grazia e gioia) per coloro che lo seguono (a conclusione della liturgia della parola1); 2)  L’albero dell’obbedienza, che è l’albero sul quale Gesù ha compiuto la volontà del Padre, è anche vessillo che sospinge la vita dei credenti all’obbedienza della fede, nella custodia dei sensi (castità) e, più in generale, nella «vita di grazia» (A conclusione della liturgia della parola2); 3) Il legno della croce, che ha aperto le porte del paradiso, è anche per noi fonte di speranza (dopo la comunione 2).

            Quest’ultima sottolineatura rende oltremodo comprensibile le indicazioni relative alla Croce che percorrono da cima a fondo il rito delle esequie. In casa del defunto (o all’ospedale, o nella casa funeraria), in chiesa e al cimitero il defunto sia sempre collocato, per così dire, all’ombra della Croce. Lungo tutta la celebrazione funebre più volte il defunto viene asperso, incensato e benedetto con il segno della croce. La celebrazione eucaristica è il modo proprio di accompagnare alla sepoltura i nostri cari defunti perché, come si esprime una delle monizioni finali «nel sacrificio eucaristico abbiamo annunciato la potenza di salvezza che scaturisca dalla Croce di Cristo» (n. 74).

            Non si può infine dimenticare che, nelle solennità più significative dell’anno liturgico («Nelle domeniche del Tempo Pasquale, di Avvento e di Natale, nelle Ottave di Natale e di Pasqua e in alcune solennità e feste»), alle Lodi, dopo il canto del Benedictus e la prima orazione, si canta l’antifona ad Crucem con la sua orazione.  Con questa antifona «si onora la Croce simbolo glorioso della Pasqua di cristo e ci si introduce solennemente alla Salmodia delle Lodi» (IGLH, n. 52). Il rito si svolge così: «Tre accoliti portano la Croce e due candelieri accesi in mezzo al coro; i cantori si dispongono in forma di corona intorno alla croce e al sacerdote, che, guardando la croce, al termine dell’antifona recita l’orazione» (IGLH, n. 256).

            Ecco, ad esempio, l’Antifona ad Crucem di Pasqua: «Dove la colpa ha portato la morte, la grazia ha ridonato la vita. Dall’albero del divieto discende la nostra rovina, dall’albero della Croce il mondo è redento. In virtù della Croce il Salvatore rivisse, primizia di chi si ridesta. Venite adoriamolo dicendo: alleluia, alleluia». Di nuovo il raffronto tra l’albero del divieto e l’albero della croce, ma soprattutto la sottolineatura della relazione strettissima che intercorre tra Croce e Risurrezione, che riprende l’inno paolino della lettera ai Filippesi: «Umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome» (Fil 2, 8-9). 

            Se la Santa Croce è adorata come albero che, mentre toglie la vita (del Figlio), a tutti la dona, si comprende che non c’è azione liturgica che non inizi e non concluda con il segno della Croce tracciato con la mano sul corpo mistico della comunità e sul corpo fisico dei singoli fedeli. La Croce è davvero il distintivo dei cristiani. Il catecumeno adulto o il bambino infante è segnato con il segno della Croce. Il ragazzo che riceve la cresima è unto con il segno della croce. Il penitente è assolto dai suoi peccati con il segno della croce. Il malato è unto con il segno della croce. Gli sposi sono benedetti con il segno della croce. I vescovi, i presbiteri e i diaconi sono segnati con il segno della croce.

Ma è nella celebrazione eucaristica che il segno della Croce trionfa. La messa inizia e termina con il segno della Croce. Il lettore, il diacono proclama la parola di Dio dopo aver chiesto e ricevuto la benedizione che si imparte con il segno della Croce. Tutti i fedeli segnano la fronte, le labbra il petto con il segno della Croce prima di ascoltare la pagina del Vangelo. Il sacerdote fa il segno della croce sul pane e sul vino al momento dell’invocazione dello Spirito Santo che precede la consacrazione. Il sacerdote imparte la benedizione finale con il segno della Croce. Si può dire che il segno della Croce è la sintesi di tutto il mistero eucaristico, memoriale della passione, morte e risurrezione di Cristo, sacramento del suo sacrificio redentore. E nello stesso tempo al segno della Croce si unisce la professione di fede trinitaria nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, che ci riporta all’atto di fede battesimale e al sacramento del battesimo che ha donato a ogni cristiano la dignità di figlio di Dio in Gesù Cristo.

Si capisce perché la liturgia ambrosiana ogni giorno, nella preghiera dei Vespri ci fa fare la memoria del battesimo, sottolineando il rapporto tra Croce e Battesimo: «Dalla Croce di Cristo Redentore a noi venne la grazia del Battesimo. All’unico Signore crocifisso e risorto, fedele scorra e pura la nostra vita» (mercoledì della terza settimana); «Egli portò i nostri peccati nel suo corpo, sul legno della croce, perché non vivendo più per il peccato vivessimo per la giustizia» (1Pt 2, 24 domenica quarta settimana, I vespri); «Dalla croce zampilla l’acqua della salvezza; chi si immerge in quest’onda non in contra la morte» (venerdì quarta settimana).

 

 

  1. Il Crocifisso, dall’abisso del dolore al vertice della gloria

 

            Plasmata dall’assiduo ascolto delle Sacre Scritture, lungo l’anno liturgico la liturgia ambrosiana ci introduce alla conoscenza sempre più profonda del mistero della nostra salvezza che si è compiuta nella passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, il Verbo fatto carne. Anzi, per usare le parole di Paolo, anche noi possiamo dire che, domenica dopo domenica, nulla impariamo «se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (1Cor 2, 2) e che, nelle nostre liturgie, proprio lui, il Cristo crocifisso ci è «rappresentato al vivo» (Gal 3, 1).

 

  1. a) In primo luogo, il Crocifisso è «rappresentato al vivo» come il «maledetto appeso al legno» (Gal 3, 13), l’«uomo dei dolori, che ben conosce il patire… davanti al quale ci si copre la faccia» (Is 53, 2-3). La narrazione della passione la troviamo nei preannunci evangelici della V settimana di Quaresima e lungo tutta la Settimana Santa, ma la liturgia ambrosiana non si sofferma in modo specifico e analitico sui dolori e sulle piaghe del corpo crocifisso. Questo lo farà piuttosto la devozione popolare della Via Crucis.

La liturgia privilegia la sottolineatura del valore salvifico e redentivo della morte di Croce di Gesù. Le sofferenze fisiche sono state del tutto reali e indicibili, ma ciò che conta è che «per le sue piaghe siamo stati guariti». Ecco allora l’ascolto della pagina del Servo sofferente (Is 52-53), ripetuta la domenica delle Palme e il Venerdì Santo. Ecco i preannunci della passione disseminati nel Lezionario, specialmente nella quinta settimana di Quaresima (ad es. mercoledì (Lc 18, 31-34): «Il Signore Gesù prese con sé i Dodici e disse loro: “Ecco noi saliamo a Gerusalemme, e si compirà tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo: verrà infatti consegnato ai pagani, verrà deriso e insultato, lo copriranno di sputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno, e il terzo giorno risorgerà”».

Ecco anche alcuni prefazi della messa, che, partendo dal riferimento alle piaghe della passione arrivano a evidenziare l’opera della salvezza compiuta dal Crocifisso: 1) Prefazio della festa di Cristo Re: «Tu con gioiosa effusione di grazia hai consacrato sacerdote eterno e re dell’universo il tuo unico Figlio, Gesù Cristo, perché, sacrificando se stesso sull’altare della croce come vittima immacolata di pace, portasse a compimento il mistero della nostra salvezza». L’accenno all’altare della croce già incontrato si sostanzia con la teologia dell’Agnello immolato, come canta l’antifona dopo il vangelo della stessa messa: «Obbediente al volere del Padre, ti lasciasti condurre sulla croce come agnello mansueto, destinato al sacrificio. A te sia gloria, osanna, trionfo e vittoria».

 

  1. b) L’antifona appena ricordata (obbediente al volere del Padre…) ci introduce a una seconda fondamentale pista di riflessione: Il Crocifisso è il Figlio obbediente per amore. L’obbedienza al Padre percorre la vita di Gesù dal suo venire nel mondo e raggiunge il suo vertice proprio sulla croce. Leggiamo nella lettera agli Ebrei (IV domenica di Avvento A; sabato della settimana della II domenica dopo Pentecoste II): «Entrando nel mondo Cristo dice: “Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (Sal 39 (40), 7-9)… Mediante quella volontà siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Cristo una volta per sempre» (Eb 10, 5-10). E in un altro punto (sabato I settimana di Avvento II; messa crismale; sabato della settimana della I domenica dopo Pentecoste I): «Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza da ciò che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono» (Eb 5, 8-9).

Abbiamo già ricordato (1 gennaio; venerdì in albis; domenica di Cristo re; esaltazione della santa croce) Fil 2, 8-9 («umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di Croce») e ci vengono facilmente in mente l’affermazione di Gesù dodicenne [santa famiglia; presentazione del Signore] («Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio» – Lc 2, 49) e le parole del Getsemani: «non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22, 42).

Il tema dell’obbedienza oggi ci trova un po’ tutti diffidenti, perché a noi sembra che l’obbedienza sia soltanto una rinuncia di sé, una sottomissione che priva la persona della sua autonomia e della sua libertà. Naturalmente non ogni obbedienza è positiva. Chi obbediva a Hitler, a Stalin, a Mussolini esercitava una cattiva obbedienza. Chi obbedisce agli influenzer di turno esercita una cattiva obbedienza. L’obbedienza nasce dalla conoscenza di colui al quale si obbedisce e si misura sulla sua capacità di costruire il bene. Gesù ci ripete che egli conosce il Padre, ed essendo in perfetta comunione con il Padre, conosce perfettamente la sua volontà di bene. La sua obbedienza è dunque una volontaria e libera adesione alla volontà del Padre, una risposta di amore all’amore del Padre, un mettersi a totale disposizione dei suoi progetti affinché possano realizzarsi. La morte di Croce è contemplata nell’obbedienza non per se stessa, ma solo in quanto è l’espressione suprema dell’amore per il Padre e per il mondo. Ne parla lo stupendo prefazio ambrosiano della solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, che ci presenta il Crocifisso nell’atto di donare tutto se stesso per amore: «Cristo Signore nostro, innalzato sulla croce, nel suo amore senza limiti donò la vita per noi  e dalla ferita del suo fianco effuse Sangue e acqua, simbolo dei sacramenti della Chiesa, perché tutti gli uomini, attratti al suo cuore, attingessero con gioia alla fonte perenne della salvezza».

Il riferimento a Gv 19, 31-34 (VI domenica dopo Pentecoste C; ufficio letture del Venerdì Santo III) è evidente. I soldati, «vedendo che Gesù era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno di loro con una lancia gli colpì il fianco e subito ne uscì sangue e acqua». Fin dai primi secoli e nella liturgia fino a oggi il sangue e l’acqua che fuoriescono dal cuore trafitto di Gesù Crocifisso sono interpretati come «simbolo dei sacramenti della Chiesa», in modo speciale l’eucaristia e il battesimo. I sacramenti sono donati da Cristo sulla croce e per comprenderli bisogna guardare al Crocifisso, «fonte perenne della salvezza». Il Crocifisso ci mostra l’insondabile ricchezza dell’amore di Dio per noi. 

 

  1. c) Il prefazio citato parlando in modo ampio dell’amore che dona vita e salvezza ci introduce a un ulteriore aspetto del Crocifisso, particolarmente sottolineato dalla liturgia ambrosiana. Il Crocifisso è sorgente di misericordia e di perdono. Sarebbero tantissimi i testi da citare. Qui mi voglio soffermare sull’antifona dopo il vangelo del Giovedi Santo, che contrappone il bacio sacrilego di Giuda e l’atto di affidamento del cosiddetto buon ladrone («Oggi, Figlio dell’Eterno, come amico al banchetto tuo stupendo tu mi accogli. Non affiderò agli indegni il tuo mistero; né ti bacerò tradendo come Giuda, ma ti imploro, come il ladro sulla croce, di ricevermi, Signore, nel tuo regno») e sull’antifona alla comunione della festa del 14 settembre: «Signore Dio, che sulla croce hai perdonato al ladro, nel tuo regno ricordati di me» (esaltazione e messe votive). Il rimando evangelico è evidentemente a Lc 23, 42-43. Uno dei malfattori appeso alla croce accanto a Gesù insulta il Crocifisso. L’altro invece intuisce l’innocenza del Crocifisso («non ha fatto nulla di male») e la sua regalità divina e, compiendo in tal modo un vero atto di fede, si raccomanda a lui («Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»). Il Crocifisso, che sente pronunciare il suo nome (Gesù, Dio salva), pur nello spasimo della morte, trova la forza di    raccogliere l’anelito alla salvezza di quell’uomo peccatore e non solo lo assolve dalle sue colpe, ma gli assicura la gloria del paradiso insieme con lui: «In verità ti dico, oggi con me sarai nel paradiso». Nell’antifona alla comunione i fedeli che stanno per accostarsi alla comunione sacramentale appellano Gesù «Signore Dio». È la piena professione di fede della Chiesa, che riconosce nell’uomo della croce l Signore della gloria e Colui che è Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Sono le parole di Tommaso, che dopo aver toccato le piaghe del Signore esclama «mio Signore e mio Dio». È la dichiarazione dell’identità tra il Crocifisso, morto tra dolori atroci, versando il suo sangue per la remissione dei peccati, e il Risorto, che vive e regna – come ripete la liturgia nei secoli dei secoli. L’antifona alla comunione esplicita poi le parole di Gesù come perdono (sulla croce hai perdonato al ladro), invitandoci così a riconoscere che il Crocifisso è per sempre l’Agnello di Dio immolato per la remissione dei peccati, colui che porta su di sé il peccato del mondo.

L’antifona dopo il vangelo del giovedì santo esplicita il tutto in senso eucaristico. L’eucaristia è il banchetto stupendo dove il Figlio dell’Eterno ci accoglie. Chi vi partecipa dovrà anzitutto custodire il mistero santo di questo banchetto di grazia. È il memoriale della Pasqua del Signore, mediante il quale fino alla fine dei tempi annunciamo la sua morte, proclamiamo la sua risurrezione nell’attesa della sua venuta. È la presenza viva, reale del Signore che accompagnerà la Chiesa nelle tempeste del tempo. È il pane della vita che ci mette in comunione con Dio e ci apre alla comunione con i fratelli. È la caparra del futuro di gloria che ci attende con il Signore Gesù. Nel contesto eucaristico ciascuno di noi avverte la sproporzione tra la condizione di peccato che ci caratterizza e la grazia divina che ci sopraffà con il suo amore. Possiamo essere come Giuda, che tradisce con un bacio, ma possiamo anche essere come il ladro che implora perdono e si affida con fiducia alla misericordia del Signore e spera di essere accolto nel regno dei cieli (o Signore non sono degno... ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato).

            Nella celebrazione eucaristica il Crocifisso è celebrato come fonte inesauribile della grazia divina, come via di accesso al Padre, come Signore che ci apre le porte della vita eterna, del Paradiso.

 

 

 

 

III. La Chiesa discepola del Crocifisso risorto

 

            Nel vangelo troviamo una parola forte di Gesù, che riguarda il singolo discepolo (il singolo cristiano) e la Chiesa nel suo insieme: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua» (Mt 16, 24). Il discepolo, che non può percorrere una strada diversa dal Maestro, deve mettere incontro la “prova della croce”, che per ciascuno assumerà caratteristiche diverse (l’incomprensione, la derisione, la solitudine, l’isolamento, il dramma di una malattia invalidante, la perdita di prestigio sociale o economico, l’insuccesso professionale, la vera e propria persecuzione per la testimonianza dlla fede, ecc…).

La risposta, nel tempo della prova della croce, non potrà che andare nella direzione di affidarsi – sull’esempio di Gesù – al Padre, lasciando che l’io (la volontà) che guida il nostro cammino non sia il proprio, ma quello del Padre celeste («sia fatta la tua volontà» Mt 6, 10). In tal modo la Croce di Gesù diverrà anche la nostra, e il Crocifisso sarà davvero il nostro Signore, e la preghiera che rivolgeremo con fede al Crocifisso, per noi e per i nostri cari, sarà sì la richiesta delle grazie di cui abbiamo bisogno, ma ancora prima e più radicalmente esprimerà la volontà di farci suoi discepoli fino a morire con lui sulla Croce.

Tutto questo è espresso in forma poetica dal prefazio della solennità della Dedicazione del Duomo (III domenica di ottobre), che racconta in breve chi è la Chiesa e qual è la sua missione: «La Chiesa è la madre di tutti i viventi, sempre più gloriosa di figli generati ogni giorno a te, o Padre, per virtù dello Spirito Santo. È la vite feconda che in tutta la terra prolunga i suoi tralci e, appoggiata all’albero della croce, si innalza al tuo regno. È la città posta sulla cima dei monti, splendida agli occhi di tutti, dove per sempre vive il suo Fondatore». Delle tre immagini utilizzate (madre di tutti i viventi; vite feconda; città posta sulla cima dei monti) ci interessa la seconda. La fecondità della Chiesa deriva dal fatto che è «appoggiata all’albero della croce» e mai si sgancia da lì. Soltanto quando è radicata nel mistero della Croce e abbracciata al Crocifisso la Chiesa (e in essa ogni singolo credente) diventa credibile tra i popoli della terra e si dispone a raggiungere il Cristo Gesù Signore nel suo Regno eterno.

Search